Fiori e letteratura: la camelia di Daisuke ("E poi" di Natsume Soseki)

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Mi sono avvicinata per la prima volta a un'opera di Natsume Soseki (1867-1916) per un motivo molto banale: sono stata attirata dal titolo di un suo romanzo, "Io sono un gatto", che poi è diventato uno dei miei libri preferiti! Questo autore non è molto conosciuto in Italia eppure è uno dei maggiori scrittori giapponesi: non a caso il suo volto è stato stampato sulle banconote da 1000 yen per vent'anni!  
I romanzi di Natsume Soseki sono ambientati all'inizio dell'era Meiji, nel delicato, straniante e improvviso momento di passaggio tra Medioevo ed età moderna in Giappone. Recentemente è stato ristampato "E poi", scritto nel 1910. Appena lo ho visto in libreria lo ho acciuffato al volo: è infatti difficile procurarsi  i romanzi di questo scrittore in italiano! Anche quelli ristampati di recente, infatti, sono già irreperibili: non me lo spiego.
Protagonista di "E poi" è Daisuke, un giovane dandy giapponese che vive di rendita grazie al denaro del padre e passa il tempo a leggere e a riflettere sulle questioni per lui cruciali dell'esistenza. La sua vita cambia direzione quando nella sua routine irrompe un vecchio compagno di studi. 
I protagonisti  di questo passaggio sono il personaggio principale, Daisuke, e una camelia: la lentezza dei gesti, l'indolenza di Daisuke, la sua contemplazione... Tutto traspare da queste frasi semplici e insieme evocative. Quando leggo Natsume Soseki mi sembra di vedere le cose attraverso gli occhi dei suoi personaggi; per ottenere quest'effetto non gli servono paroloni: la descrizione di certi gesti, che viene condensata in poche parole scarne,  spesso senza nemmeno l'utilizzo di aggettivi, può raccontare il più struggente dei sentimenti. E' questo, insieme alla sua sottile ironia, ciò che più mi  piace della scrittura di Natsume Soseki!

Voltando il capo, vide che sul tatami, di fianco al cuscino, giaceva una camelia a petali doppi. Era certo di averla sentita cadere nel sonno: un rumore esagerato, come il tonfo di una palla di gomma lanciata dall'altezza del soffitto. Forse il silenzio che regnava a notte fonda ingigantiva i suoni, ma per scrupolo, per assicurarsi che il suo sangue pulsasse regolarmente fino alle costole, Daisuke si era messo la mano destra sul cuore; poi si era riaddormentato.
Un po' intontito, per un momento osservò il colore di quel fiore, grande quanto la testa di un neonato; poi, come se quel pensiero gli fosse tornato in mente all'improvviso, di nuovo si posò la mano sul petto e cercò il palpito del cuore.  
(...)
Con una sigaretta accesa fra le labbra scivolò fuori dal futon, raccolse la camelia caduta sul tatami, la voltò e se la posò sul naso. Il fiore gli nascose i baffi e la bocca. Dense volute di fumo si levarono insinuandosi tra i petali e il pistillo. Daisuke posò la camelia sul lenzuolo candido e si diresse verso la sala sala da bagno. 

(Natsume S., E poi, Neri Pozza 2012, pp. 7-8)

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